MUVIT e MOO - THE MUSEUMS OF THE LUNGAROTTI FOUNDATION

VITICOLTURA

torchio muvit torgiano

VITICOLTURA

La descrizione del ciclo annuale vitivinicolo inizia con il richiamo ai due elementi che più hanno caratterizzato il paesaggio agricolo umbro: l’habitat sparso e la vite “maritata” all’albero nella duplice versione alberata (alberi sparsi) e piantata (alberi organizzati a filari). Paesaggio dovuto alla mezzadria, alle esigenze economiche e agli aspetti sociali che la colonia parziale comportava, la fine della stessa ha causato la sua attuale metamorfosi, oggi sempre più improntato sull’alternarsi di vigneti specializzati a oliveti e monocolture. Nel percorso proposto sotto duplice forma – rapida e analitica – il ciclo viticolo è accompagnato da immagini, attrezzi, grafici che attestano come i modi di coltivazione siano rimasti immutati sino agli anni Sessanta del secolo scorso. Pervenuti a noi in veste cristiana, i propiziatori falò di San Giorgio sono sintesi dei remoti culti legati alla terra. Gli oggetti nelle teche richiamano usi e luoghi del bere.

 

VINIFICAZIONE

La pigiatura. Le “bocche di canale” all’ingresso del museo rimandano alla pigiatura romana: il blocco era inserito nella parete antistante la vasca (il lacus) in cui avveniva il calpestio, al limite della leggera pendenza che ne improntava la pavimentazione; il risultato defluiva dal foro al centro dell’umbone in un tino sottostante. Nella sala I, una lastra di tipo “campana” (I sec. d.C.) raffigura due pigiatori contrapposti, le mani nelle mani, intenti a pestare l’uva roteando al suono di un flauto che impone il ritmo. Nella sala V, fotografie di un’ultima, corale pigiatura.

La pressatura. L’uva pigiata era sottoposta alla duplice azione del torchio che ne estraeva quanto rimasto. Il monumentale torchio a trave, detto “di Catone”, evoca cantine signorili e monastiche similmente attrezzate che, in età medievale ed oltre, accentravano la lavorazione dell’uva del territorio circostante, attestando realtà economiche e sociali. Presenza d’obbligo nelle ville romane di età schiavistica, testimoniata da reperti, la tipologia del torchio, evolutasi, unitamente a quella detta “di Plinio” (verticale) qui doppiamente presente, era ancora attiva oltre la metà del XX secolo.

Il mosto svolgeva la fermentazione riposto in botti; nel mese di marzo era tramutato in nuove botti, accuratamente lavate, libero dai depositi che, rimasti sul fondo e nuovamente pressati, avrebbero costituito il “mezzo vino” o “vinello”.

 

DISTILLAZIONE

La ricostruzione del funzionamento di un distillatore ad uso conventuale evidenzia il rilievo avuto dalla distillazione, diffusa a più livelli in tutto il territorio: in modo empirico nelle campagne, tecnico quando realizzata da conventi, speziali e ditte produttrici.