GLI USI DELL’OLIO
Dai tempi più remoti, l’olivo è presente nel sacro e nel profano di tutti i popoli mediterranei, dall’alimentazione alla medicina, alla mitologia, dall’olio come fonte di calore alla cosmesi e allo sport, dalla religione alla simbologia fino all’olio come fonte di luce.
L’OLIO COME ALIMENTO
Nella alimentazione il tema “olio” si impernia sul regimen sanitatis e sulla conseguente armonia tra natura umana e vegetale. Eredità greco-araba trasmessa dalla Scuola Medica Salernitana sin dal X secolo, tale armonia evidenzia la funzione terapeutica della dietetica.
Con il trascorrere del tempo, le migliorate condizioni di vita e le testimonianze dovute a confronti sollecitano studi e ricerche: il fervore scientifico rinascimentale favorisce il nascere di Orti botanici e l’insegnamento dei semplici nelle Università. Il diffondersi della stampa facilita a sua volta la divulgazione di trattati d’agricoltura che evidenziano le proprietà dell’olio in corrispondenza alla dietetica e al progredire della medicina. L’olio è sempre più presente nel quotidiano come nei piatti di scenografici banchetti, né vanno dimenticate le innumerevoli vigilie e le relative insalate, nate nelle cucine delle grandi Curie, ulteriore apporto della Chiesa all’olivicoltura (dalle pratiche di culto alle lampade votive). Testimoniano tanto fervore di studio opere basilari, da Castore Durante a Pietro Andrea Mattioli, Ugo Benzi e molti altri. Il dotto pannello a parete è opera dello storico dell’alimentazione Massimo Montanari e ricorda come in età moderna l’olio esca progressivamente “dalla logica quaresimale” per il prevalere di nuovi modelli gastronomici, mentre al nord delle Alpi dal XV secolo prevale il burro.
Introduce all’ambiente “cucina” una Saliera della regina (Ariano Irpino, XVIII secolo) con accanto il mortaio in pietra per la frantumazione dei grossi grani di sale in commercio. Seguono attrezzi, ceramiche e un folto richiamo di antico vasellame in rame relativo a piatti dove l’olio regna.
L’OLIO COME MEDICAMENTO
Le proprietà organolettiche dell’olio spiegano l’antica funzione di medicamento e lenitivo nella medicina accademica e di rimedio onnivalente in quella magico religiosa.
L’olivo e l’olio sono presenti nella Medicina Ippocratica, permangono in quella Galenica destinata, attraversando millenni, a sopravvivere sino a tempi recenti.
Tra le numerose opere mediche che richiamano Ippocrate, è esposta l’edizione in folio dell’Opera de medicamentorum del damasceno Mesue (Yuhanna Ibn Masawayh, IX secolo), presso Giunti, 1589, attestante il permanere dell’olio inteso come prevenzione e cura dopo oltre 500 anni dall’apporto islamico al regime alimentare occidentale. Accanto, a sottolineare l’età, è una farmacia da viaggio medicea con accluso ricettario su carta sovrastato dall’arme della famiglia. Estesa alla prevenzione delle malattie, la dietetica permane regimen così come profilatasi dal IX secolo con gli insegnamenti della Scuola Medica Salernitana di tradizione greco-araba.
L’OLIO NEL MITO
Atena è figlia di Giove e Metis che lui divora perché ne teme l’infida intelligenza; salva la nascitura nascondendola nel proprio corpo. La dea nasce, armata, dalla sua testa, vince la gara con Poseidon per il possesso dell’Attica facendo con la lancia scaturire l’olivo. Sarà la dea benefica cui risalgono aratro, timone, morso di cavallo, arti femminili. I primi due sono qui ricordati con modellini, il terzo con morso di cavallo etrusco (VIII-VII sec. a.C.), presentato a fianco del bozzetto di tre cavalli, creato da Duilio Cambellotti per l’“Ippolito” dato al teatro greco di Siracusa negli anni Trenta.
Segue una preziosa fusarola finemente incisa dell’VIII sec. a.C., collegata, quale filatura in atto, da un filo di lana a quanta è contenuta in un kalathos daunio del IV sec. a.C. Il culto è richiamato dalla trilicne in marmo di Paros circondata da sei protomi femminili, con sospensione in ferro (620-610 a.C.).
L’OLIO COME FONTE DI CALORE
La sansa è il residuo dell’ultima frangitura delle olive. Costituita dai frammenti dei noccioli e dai residui vegetali compressi entro i fiscoli, la sansa si presentava come un sottile disco che ne portava impressa l’impronta su ambo i lati.
Nel percorso è ricordato come, in una società basata su di un’economia agricola che utilizzava i prodotti senza alcuna riserva per i loro residuati, la sansa rappresentasse una sicura fonte di calore con cui alimentare fornelli, scaldini, bracieri.
In tempo di guerra, con la mancanza di carbon fossile, legna o altra fonte di calore, dalla campagna la sansa arriva in città e i più accettano il dover sopportarne l’odore acre e intenso; sono riattivati gli antichi bracieri, elementi di arredo, si moltiplicano scaldini d’ogni prezzo e scaldine per i piedi: il calore non è forte ma pur sempre presente con le scaldine da viaggio.
L’OLIO NELLA COSMESI
Testimonianze archeologiche attestano come il commercio carovaniero e marittimo tra Mesopotamia, Siria, Palestina, Cipro – già intenso tra IV e III millennio a.C. – sia alimentato da aromi, unguenti, olii profumati ivi prodotti o giunti e, al contempo, come la richiesta diffonda l’olivicoltura. Particolari esigenze climatiche richiedono l’unzione quale protezione della pelle e l’olio d’oliva è il migliore fissatore di essenze.
Nella Grecia omerica l’anfora d’olio a Nausicaa, l’unzione della nutrice ad Ulisse e la rituale unzione del corpo di Patroclo caduto costituiscono la premessa dell’arte unguentaria divenuta presto fiorente a Delo, Corinto, Cipro (vedi i recenti scavi). La Roma repubblicana condanna “le mollezze orientali”, ma i cosmetici sono costume inarrestabile nella imperiale e divengono florido mercato, vedi l’onnipresenza di laboratori a Paestum. Con i profumi ed unguenti ha incremento anche la produzione di contenitori, dalle “ciste”, esibite quale status, alle catenelle che legano al polso l’aryballos, il lekythos (come la giovane donna del V secolo) o altri. Gli scrittori cristiani protesteranno, faranno eco Dante e Jacopone; al Rinascimento che ama i profumi seguirà la condanna della Controriforma, si susseguiranno leggi suntuarie: battaglie perse!
L’OLIO NELLO SPORT
Purificatore per le sue proprietà detergenti, dopo un’attività ginnica o ancor più dopo una gara, un piccolo contenitore d’olio o di unguento amalgamato accompagnava immancabilmente l’atleta. La statuaria classica ne è testimone, vedi L’Atleta di Lisippo che si deterge con lo strigile. Al MOO lo conferma l’immagine della superba anfora colma dell’olio proveniente dall’oliveto sacro ad Atena che il vincitore delle Panatenaiche – le feste in onore della dea – riceveva in dono e dalle quali prende nome.
Lo attestano lo strigile bronzeo (I sec. a.C. – I sec. d.C.) e il lekythos attico con decoro di atleta che tiene in mano uno strigile del V sec. a.C.
La corona di olivo era premio abituale per il vincitore di una gara ma anche per l’artigiano autore di un capolavoro, vedi il Pittore della Fonderia, autore dello scudo di Atena (sala V).
L’OLIO NELLA RELIGIONE
La presenza delle lucerne catacombali e delle copte apre al settore religione. L’olio alimenta le lampade votive ed è presente nella funzione di sacra unzione con ampolle e una bella pisside in argento per la consacrazione dell’olio il Giovedì Santo: realizzata dall’urbinate Gianni Crescentino dopo il 1815 manifesta un’originale contaminazione di motivi stilistici recuperati dalle scuole romana e fiorentina. Le vicine ampolle testimoniano la consuetudine dei pellegrini a raccogliere l’olio bruciato sul Santo Sepolcro o su quelli di San Manno e altri. Le lampade tradizionali cristiane, ebraiche (hannukkah, sabbatica, Ner Tamid) e islamiche attestano la comune presenza dell’olio nelle tre religioni monoteiste mediterranee. A seguire, la copia di Giampaolo Tomassetti della Madonna dell’Olivo, creata da Nicolò Barabino per il santuario di Sampierdarena: piacque alla Regina Margherita che la portò con sé a Racconigi; fu inviata a una mostra a Berlino dove divenne “la Madonna degli Italiani”. Barabino la ripeté e divenne il capoletto nuziale in voga agli inizi del XX secolo.
L’OLIO NELLA SIMBOLOGIA
Simbolo primo della pace e come tale frequente presenza nelle arti visive (vedi la Pace del Lorenzetti biancovestita e coronata di olivo nel Buon Governo) in monumenti celebrativi, rituali, l’olivo è raffigurato nelle imprese (vedi ancora la pagina dell’Iconologia nell’edizione perugina Costantini del 1776 qui esposta). Accanto, è un bronzo di Edouard Drouot, presente all’esposizione parigina del 1898: un giovane innalza con fermezza il braccio stringendo nella mano un ramo d’olivo; ai piedi armi spezzate e un aratro. Accanto è un ramo d’olivo in ferro battuto sapientemente lavorato: è opera di Pietro Cardolini su disegno di Vittorio Grassi. Il permanere del premio al vincitore in forma di ramo di olivo è riscontrabile ancora oggi: valga per tutti il premio cinematografico di Cannes. Un raffinato disegno di civetta, opera di Grassi, rimanda al mondo classico e alla civetta attributo di Atena perché ai suoi occhi nulla sfugge nel buio della notte.
L’OLIO COME FONTE DI LUCE: LA RACCOLTA DI LUCERNE
L’olio come fonte di luce è il tema della raccolta di lucerne da età classica al tardo Neoclassicismo: l’avvìo è dato da una lucerna a forma di navicella nuragica dell’VIII-VII sec. a.C. cui segue una delle abituali lucerne attiche di fine IV sec. a.C.: forma rotonda a vernice nera cerchiata in rosso. Sulla seguente folla di lucerne in cotto con simboli impressi domina, accompagnata da altre, una in bronzo ageminata.
La raccolta procede cronologicamente: emergono le bronzee lucerne rinascimentali con accanto una tratta da marmo di spoglio. Seguono quelle a sospensione. Nel settore delle lucerne in ceramica, si distingue per colore e brio il gruppo di Caltagirone. La raccolta di lucerne “alla cappuccina”, spagnole, è dono dell’architetto museografo Isabella Gasparro. A una serie di lucerne insolite – per la caccia notturna, in funzione di orologio, da merlettaia, esoterica e altre – fanno seguito le numerose “fiorentine” e varianti. Si impongono le due da scala del XVI secolo, in argento, con doppio punzone (Corporazione Orafa di Firenze e argentiere Paolo Sogliani), e il folto gruppo di lucerne da salotto in argento. Dette “lumiere” quando recano sculture classiche, sovente poggiano su marmi di spoglio imperiali, come il raffinato Retour d’Egypte di Pietro Paolo Spagna, sormontato da ventola ad ala vittoriosa, dimentica di Abukir. Ritornante è l’Hermes del Giambologna – quello qui esposto è di Vincenzo Bugarini (XIX secolo) – amato perché è il dio che guida le anime nelle buie case dell’Ade. Segue il sacro: le impresse in cotto e le lampade votive, egualmente in argento, tra cui una della bottega di famiglia del grande poeta Gioacchino Belli, opera di un cugino suo omonimo cui è dovuta anche la raffinata stoppiniera, tipicamente romana.