MUVIT e MOO - THE MUSEUMS OF THE LUNGAROTTI FOUNDATION

VITE, VINO E ARTI DEL FUOCO

arti

VITE, VINO E ARTI DEL FUOCO

Tra le arti decorative presenti al museo ad attestare quanto richiamato nei singoli settori eccellono ceramica, vetro, ferro; la codificazione arti del fuoco gioca la sua parte.

Nella sala I il percorso archeologico – esteso all’area microasiatica – si era concluso con la tarda romanità. Il vivo della raccolta (sala XII) ha come premessa un’introduzione artigianale che, considerate derivazioni e influenze, intende essere un duplice, dovuto riconoscimento vuoi alla creatività del vasaro (forme e decori), vuoi all’affinità tra le arti richiamata dalla vetrina del graffito: il graffio del vasaro sulla terracotta non consente ripensamenti, così come il bulino nell’incidere il legno destinato alla stampa.

 

ceramica

 

CERAMICA

La ceramica è la raccolta primaria; supera il dovuto legame con il territorio – Umbria terra di vasari – e si estende alla produzione italiana dal medioevo ad oggi, suddivisa in tre settori: il vino come alimento, medicamento, mito.

 

IL VINO COME ALIMENTO 

“La più salutare e nutritiva delle bevande” – così Pasteur definiva il vino – è in realtà un alimento energetico complementare di cui la moderna biologia ha evidenziato le proprietà nutritive, eupeptiche, vasodilatatrici, antibatteriche e miorilassanti, indicandone l’uso e condannandone l’abuso.

Il percorso si apre con grande pannello di lunettone romanico ai cui simboli rispondono gli analoghi dipinti in manganese e ferraccia su medievali boccali, panate, coppe e coppette.

Una rara idria (XIV secolo) con centauro falconiere, leontiforme, sirena bicaudata e occhi apotropaici rimanda al De arte venandi federiciano e alle Nozze di Canaan; una grande coppa “a inganno”, evoca riunioni conviviali. Il cronologico progredire del percorso attesta l’imporsi con l’Umanesimo di tecniche e decori del mondo islamico, mediati in Italia dalla Spagna, ad iniziare dalle “zaffere” presto seguite da colori e smalti.

Il vasellame amatorio vive un suo spazio. Il Rinascimento si impone con il passaggio da gotico BER alla capitale quadrata, l’istoriato, il lustro, le raffaellesche. Il ripetersi in ceramica di forme in metallo nobile, già arredo di credenze, e la metamorfosi di boccali da vino in boccali da birra, rimandano all’economia imposta dalle contemporanee guerre d’Italia e ai saccheggi. La beffarda ironia del vasaro che traspare ripetutamente si manifesta nel piatto di Giacomo Mancini detto “El Frate”, raffiguratosi orante di fronte a una botte. Il piatto, a lustro, è premessa all’atmosfera controriformista del Compendiario dalla sobria tavolozza e dallo smalto denso e vellutato dei “bianchi di Faenza”. A chiudere, il settecentesco permanere degli scambi con la costa dalmata, Napoleone e Venezia, la crisi delle fornaci e il salvataggio dovuto ai boccali della rosa, piacevoli, a piccolo fuoco: aria d’Europa, vino in sonetti.

 

IL VINO COME MEDICAMENTO

Nella sala XIII documentano l’antico uso del vino nella medicina testi medici scelti in relazione allo spessore storico dei loro autori e al rilievo dell’edizione, da Ippocrate a Dioscoride, Galeno, Arnaldo di Villanova, Mattioli e così via. Si affiancano ad essi versatoi, bottiglie, albarelli, palle, unguentari. I testi sono aperti su “ricette magistrali” in cui il vino ha la funzione di ingrediente o solvente; in esse vengono sempre impiegate le erbe o le sostanze che le contengono e ne determinano lo specifico potenziale, concentrando sul prodotto della vite curiosità e intuizioni. Lo speziale ricopre un ruolo di grande responsabilità e l’Arte degli Speziali gode di sicuro prestigio.

Il vino cui egli fa ricorso è sempre considerato come energia esaltante. I vasi in ceramica per lo spesso strato di smalto stannifero sono contenitori perfetti per conservazione del prodotto, impermeabilizzazione e riparo dalla luce. I vasari sono attenti al giudizio del pubblico, gli speziali li considerano affermazione e prestigio per le loro botteghe, come lo sono per farmacie principesche, conventuali, ospedaliere. Il decoro è quello in voga nella produzione profana, le insegne araldiche li nobilitano.

 

IL VINO NEL MITO

Tra le opere esposte, un istoriato a lustro di particolare interesse è l’Infantia de Bacho (il Dionysos greco!), di Mastro Giorgio Andreoli da Gubbio, firmato e datato 1528 e tratto da un’incisione di Marcantonio Raimondi su idea di Raffaello. Emblematica l’altissima qualità del lustro rubino e della cantaride, a spiegare come persino i più grandi vasari dell’area urbinate ricorrano a lui per lustrare le opere di più grande rilievo.

Figlio di Zeus e Semele che muore per avere – istigata da Giunone – contemplato il Padre degli dei in tutto il suo splendore, Dioniso è dallo stesso salvato e cucito in una sua coscia. Come Atena, nasce direttamente da Zeus. Alle origini probabile genio preposto alla vegetazione, assume con il tempo aspetto umano e si riterrà seguito da un thyasos composto di menadi e satiri. Pericle ne farà il dio preposto alla viticoltura. Divinità ambigua come la bevanda, protegge i seguaci, perseguita chi al suo culto si oppone: Le Baccanti di Euripide lo testimoniano. Soccorrerà Arianna abbandonata da Teseo e la farà sua sposa; la coppia su cocchio diverrà soggetto amato da artisti di età classica come dalla rinascimentale, quando Dionysos diviene esultante personificazione della natura come interpretato nei Camerini estensi. Roma teme gli eccessi del vino e l’enigmatico dio greco diviene l’ebbro Bacco romano.

vetro

VETRO

L’utilizzo del vetro, inteso come pasta vitrea per decorazioni, è noto sin dall’età mesopotamica, in Egitto dall’età faraonica. Le tecniche si evolvono nel tempo, sino a giungere alla svolta della soffiatura che consente l’affermarsi del vetro d’arte (I sec. a.C.). Legato alla cosmesi quale contenitore di olii profumati e unguenti, il vetro soffiato è richiesto dalle innumerevoli fabbriche di profumi che ne fanno oggetto di per sé stesso desiderato. L’impiego è multiplo, dalla tavola al salotto, alla simbologia amorosa. Al museo ne sono esempio la raffinata caraffa modellata a “bevi se puoi” (Francia, XVI secolo); un bicchiere veneziano con anelli penduli azzurri (XVIII secolo, Murano); un bicchiere inciso con simbologia d’amore (inizi XIX secolo). Particolare rilievo rivestono la coppa realizzata da Josef Hoffmann (grande esponente della Secessione Viennese), con le asole ricavate nella doppia incamiciatura, e quella su alto piede evocante un volto femminile (disegnata da Jean Cocteau, firmata e datata 1963 e realizzata dalla Fucina degli Angeli). Chiude la sezione la bottiglia turchese, anni Settanta, della Manifattura Venini, realizzata con la lavorazione a punta di diamante sulla superficie fredda dell’oggetto finito. Dono recente di Giuliano Giuman è l’opera Dalle origini alla vita (2018) che attesta il continuo aggiornamento delle raccolte.

ferro

FERRO

Il fabbro – nel mito greco Efeso – è figura d’insolito rilievo sin dalle civiltà palaziali: in Egitto il faraone lo terrà prigioniero temendo riveli i segreti dell’arte. Arte preziosa nel quotidiano del contadino che nell’isolamento della campagna a lui ricorre per gli attrezzi di lavoro, lo è egualmente nella richiesta cittadina di armi come di arredi e di quanto sia supporto ad opere destinate a resistere nel tempo. Rientrano nell’arredo i ferri da cialde: originati dai ferri per le particole, subentrati alla Eucarestia assunta sotto doppia specie, sono testimonianza dell’evolversi dei costumi e del gusto. Legati al vino per preparazione e consumo, dall’iniziale incisione a reticolato o isolati simboli, evolvono in più complessa veste per raggiungere in età rinascimentale un’ammirevole ricchezza di decoro e simbologia, che siano essi ferri nuziali (recanti i due stemmi o in loro attesa) o celebrativi, o che rechino scritta l’appartenenza o motti e sentenze o che siano di sola rappresentanza. La raccolta va dal XIII al XVII secolo.